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Legge di bilancio 2020: la rivalutazione dei beni d'impresa

Premessa

 

Si ricorda che la rivalutazione dà luogo ad un incremento del valore fiscalmente riconosciuto dei beni.

Pertanto, nell’ipotesi di successiva cessione, la plusvalenza risulterà di un importo sensibilmente inferiore rispetto a quella determinabile sulla base del costo storico non rivalutato.

Rispetto ai precedenti provvedimenti, per le rivalutazioni che verranno eseguite nel bilancio 2019, le principali novità sono le seguenti:

  • Riduzione significativa delle aliquote dell’imposta sostitutiva:

- dal 16 al 12 per cento relativamente ai beni ammortizzabili;

- dal 12 al 10 per cento per i beni non ammortizzabili.

 

  • Versamento delle imposte sostitutive dovute per la rivalutazione e per l’eventuale affrancamento del saldo attivo in forma rateale.

In particolare:

a) per importi complessivi fino a 3 milioni di euro è prevista la possibilità di effettuare i versamenti in un numero massimo di 3 rate di pari importo;

b) per importi complessivi eccedenti i 3 milioni di euro, il versamento può essere eseguito in un massimo di 6 rate di pari importo.

Ad eccezione delle novità di cui sopra, si segnala che le modalità di rivalutazione e la struttura dell’impianto normativo sono nella sostanza equivalenti rispetto agli ultimi provvedimenti normativi in tal senso. Viene anche confermata la possibilità di affrancare il saldo attivo da rivalutazione mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva pari al 10%.

Riferimenti normativi

  • Legge 27 dicembre 2019, n. 160, art. 1, commi 696-704;
  • Legge 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, commi 940-950;
  • Legge 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, commi 475, 477 e 478;
  • D.M. 19 aprile 2002, n. 86;
  • D.M. 13 aprile 2001, n. 162;
  • Legge 21 novembre 2000, n. 342, artt. 11, 13, 14 e 15;
  • Circolare 10 aprile 2019, n. 8/E.

Ambito soggettivo

Sono ammessi al beneficio della rivalutazione:

  • le società di capitali;
  • gli enti commerciali;
  • le società cooperative e di mutua assicurazione;
  • le società di persone, ad esclusione delle società semplici;
  • gli imprenditori individuali;
  • gli enti non commerciali. In quest’ultimo caso, la rivalutazione è consentita per i soli beni destinati all’esercizio dell’attività commerciale.

Sono ammesse alla rivalutazione anche le stabili organizzazioni in Italia di imprese estere.

I predetti soggetti devono essere fiscalmente residenti nel territorio dello Stato e non devono adottare i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio di esercizio.

Non possono, invece, beneficiare della rivalutazione i soggetti IAS/IFRS adopter.

La rivalutazione è consentita indipendentemente dall’impianto contabile adottato. Possono così fruirne anche i contribuenti in contabilità semplificata.

In tale ultima ipotesi, i beni oggetto di rivalutazione devono risultare da un apposito prospetto.

Ambito oggettivo

Dal punto di vista oggettivo, la rivalutazione riguarda esclusivamente i beni risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2018 e deve essere eseguita nel bilancio relativo all’esercizio successivo.

Nella sostanza, i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare devono evidenziare la rivalutazione nel bilancio di esercizio relativo all’anno 2019.

La rivalutazione può riguardare sia i beni materiali che quelli immateriali.

L’operazione è esclusa per:

  • i costi pluriennali;
  • i c.d. “beni merce”, cioè gli immobili alla cui produzione o scambio è diretta l’attività d’impresa;
  • le partecipazioni in imprese controllate e collegate costituenti immobilizzazioni.

Possono essere rivalutati anche i beni completamente ammortizzati.

In definitiva, possono costituire oggetto della rivalutazione:

  • le immobilizzazioni materiali ammortizzabili e non ammortizzabili (gli immobili, i beni mobili iscritti in pubblici registri, impianti, macchinari, attrezzature, ecc.)
  • le immobilizzazioni immateriali costituite da beni consistenti in diritti giuridicamente tutelati (diritti di brevetto industriale, diritti di utilizzazione delle opere di ingegno, diritti di concessione, licenze, marchi, know-how, ed altri diritti iscritti nell’attivo del bilancio, ancorché non più iscritti, in quanto interamente ammortizzati, che siano ancora tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni normative);
  • le partecipazioni costituenti immobilizzazioni finanziarie, in società controllate o collegate ai sensi dell’art. 2359 c.c.;

Ai fini fiscali, la rivalutazione deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea, così come individuati dall’art. 4 del D.M. 13 aprile 2001, n. 162. In merito l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, in caso di violazione, cioè qualora non siano rivalutati tutti i beni, non si verifica una decadenza automatica dai benefici fiscali a condizione che il contribuente provveda a rivalutare anche tutti gli altri beni appartenenti alla medesima categoria, fruendo del ravvedimento operoso.

I requisiti di appartenenza alle diverse categorie sono quelli esistenti alla data di chiusura del bilancio in cui è eseguita la rivalutazione.

Gli effetti della rivalutazione

L’effetto della rivalutazione ai fini fiscali è riconosciuto a partire dal terzo esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è stata effettuata (ad esempio, dal 2022 per quanto concerne le maggiori quote di ammortamento), mentre in caso di cessione o destinazione a finalità estranee all’impresa (plusvalenze/minusvalenze), il maggior valore fiscale è riconosciuto a decorrere dal quarto anno (ossia dal 2023 per i soggetti solari).

Fanno eccezione i beni immobili, per i quali è previsto che i maggiori valori iscritti in bilancio si considerano riconosciuti con effetto dal periodo d’imposta in corso alla data del 1° dicembre 2021.

Valutazione di convenienza: alcune esemplificazioni

Le valutazioni di convenienza ad effettuare o meno la rivalutazione devono tenere in considerazione diversi aspetti tra i quali principalmente la tipologia di bene, il costo fiscalmente riconosciuto al momento della rivalutazione, il numero di beni facenti parte della stessa categoria omogenea, la possibilità di scomputare perdite fiscali pregresse, etc.

Immobili in leasing

I beni immobili che attribuiscono il maggiore vantaggio in caso di rivalutazione sono quelli che sono stati utilizzati negli anni scorsi in base ad un contratto di locazione finanziaria, ed il cui riscatto è stato effettuato nell'esercizio in corso al 31 dicembre 2018.

Questi beni risultano iscritti in bilancio ad un costo esiguo, pari al prezzo pagato all'atto del riscatto.

Tale circostanza rende particolarmente conveniente l’operazione di rivalutazione, soprattutto se il contribuente, dopo avere iscritto in bilancio l’immobile precedentemente condotto in leasing al valore di mercato, intende cederlo nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021.

In tale ipotesi, sarà possibile azzerare completamente l’intera plusvalenza.

- Possibilità di scomputare perdite pregresse

Se il contribuente ritiene di potere realizzare una rilevante plusvalenza, ma si trova nelle condizioni di potere ridurre l’imponibile fiscale utilizzando le perdite fiscali pregresse, probabilmente la rivalutazione non è particolarmente conveniente in quanto la maggior parte della plusvalenza verrebbe abbattuta dalle perdite e il beneficio sarebbe immediato.

- Numero di beni facenti parte della stessa categoria omogenea

Come anticipato in precedenza la rivalutazione deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea.

Il numero dei beni facenti parte della stessa categoria omogenea può rendere l’operazione di rivalutazione più o meno conveniente.

Si consideri, ad esempio, il caso di un contribuente che possiede 5 fabbricati, la cui categoria catastale è A/10, propria degli uffici.

Uno degli immobili, che il contribuente intende cedere nei prossimi due anni, è iscritto in bilancio a 50.000 Euro, ma il valore è considerevolmente superiore.

Invece, gli altri fabbricati, che sono anch'essi iscritti in bilancio ad un valore modesto, non sono destinati ad essere ceduti.


La rivalutazione degli immobili avrà effetto ai fini fiscali con decorrenza dal secondo periodo d’imposta successivo, quindi dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021.

Il contribuente ha dunque interesse a rivalutare il primo fabbricato, ottenere il riconoscimento del valore ai fini fiscali nell'anno 2021, e successivamente procedere alla vendita dello stesso, azzerando completamente la plusvalenza realizzata.

La rivalutazione ha un costo rappresentato dall'imposta sostitutiva del 12 per cento per i beni ammortizzabili.

Il risparmio è pari, pertanto, a 12 punti percentuali ai fini dell'IRES e dell’aliquota corrispondente all'IRAP.

Il problema sorge, però, quando della stessa categoria omogenea fanno parte altri fabbricati, che il contribuente non intende vendere nel breve periodo.

In questo caso, il vantaggio fiscale si riduce notevolmente, in quanto il costo dell’imposta sostitutiva potrà essere controbilanciato dal risparmio dell'IRES e dell’IRAP, ma solo sulle maggiori quote di ammortamento e non, viceversa, sull'intera plusvalenza.

Nel caso sopra descritto sarà quindi necessario effettuare una attenta analisi di convenienza.