Con la recente ordinanza n. 9717/2018, la Corte di Cassazione esprime il proprio orientamento in tema di prova delle cessioni intracomunitarie, ed in particolare si pone in maniera restrittiva sulla documentazione rilevante a supporto dell’effettiva consegna dei beni.
La Cassazione, infatti, ritiene insufficiente la prova della consegna della merce tramite la sola esibizione di documentazione di origine privata (i.e. fatture emesse), documentazione bancaria attestante il pagamento e le dichiarazioni di terzi in riferimento al ricevimento della merce.
Al fine di provare l’avvenuta consegna dei beni, occorre necessariamente fornire le lettere di vettura (CMR), recanti la firma di cedente, cessionario e speditore.
Si ritiene opportuno segnalare che la posizione della Corte di Cassazione entra in contrasto con la prassi amministrativa oramai consolidata su due principi:
La Commissione europea sta intervenendo in tal senso, con una proposta di Regolamento recante otto elementi di prova del trasporto, nel caso di cedente con status di “soggetto passivo certificato”. Occorrerà che il cedente attesti mediante due elementi non contraddittori fra gli otto previsti, l’avvenuto trasporto dei beni in un altro Stato della UE. A titolo esemplificativo ma non esaustivo, potranno essere utilizzati quali elementi di prova ad esempio: certificati di avvenuta ricezione dei beni, lettere CMR, documenti rilasciati da pubbliche autorità, la dichiarazione IVA del soggetto acquirente.